Effetto interruttivo del procedimento di mediazione
L’effetto interruttivo di un termine di decadenza si produce soltanto con la comunicazione alle altre parti della domanda di mediazione, e non anche dal mero deposito della stessa. Dunque, ai fini dell’effetto interruttivo del procedimento di mediazione occorre fare riferimento non già alla data di deposito dell’istanza, ma a quella, successiva, della comunicazione alle altre parti.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 4519/2017 proposto da:
M.S.M., M.A., M.M., S.E., M.O.M., elettivamente domiciliati in ROMA, LARGO DELLA GANCIA 5, presso lo studio dell’avvocato RENATO MIELE, rappresentati e difesi dall’avvocato LAURA TRENTI;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 15/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/10/2018 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato TRENTI Laura, difensore dei ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
Con ricorso L. n. 89 del 2001, ex artt. 2 e 3, M.O.M., M.A., M.S.M., M.M. e S.E., adivano la Corte d’Appello di Venezia per chiedere il riconoscimento di un equo indennizzo per la non ragionevole durata di una procedura concorsuale durata 27 anni, che era stata preceduta da istanza di mediazione, non accettata dal Ministero di Giustizia.
La Corte d’Appello, con decreto reso in data 15.12.2016, rigettava la richiesta di equa riparazione, ritenendo che la domanda era stata formulata tardivamente e che la presentazione di un’istanza di mediazione non avesse efficacia interruttiva.
La Corte affermava, in ogni caso, che, ai sensi dell’art. 4, comma 6, l’effetto interruttivo del termine di decadenza si produceva solo dalla “comunicazione” alle altre parti della domanda di mediazione (e non dal deposito della stessa) e che nel caso di specie la suddetta comunicazione era intervenuta ben oltre il termine decadenzaziale di sei mesi.
Avverso detto decreto propongono ricorso i signori M.O.M., M.A., M.S.M., M.M. e S.E..
Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, artt. 2 e 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte territoriale escluso la compatibilità del procedimento di mediazione con l’attuale rito monitorio con cui si introduce la domanda di equa riparazione.
Con il secondo motivo si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nonchè la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4, D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5 e L. n. 742 del 1969, art. 1, modificata dalla L. n. 162 del 2014, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e si censura la statuizione della sentenza impugnata che ha affermato la tardività del ricorso per essere già maturato il termine semestrale alla data di comunicazione al Ministero dell’avvenuto deposito dell’istanza di mediazione e di fissazione dell’incontro tra le parti;
ad avviso dei ricorrenti, ai fini dell’effetto interruttivo del procedimento di mediazione occorre fare riferimento non già alla data di comunicazione dell’istanza, ma a quella, anteriore, del deposito dell’istanza.
In ogni caso la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che il provvedimento di chiusura della procedura fallimentare, a seguito di correzione di errore materiale, era stato depositato il 30.3.2015 e che, ai fini della definitività del decreto, doveva comunque computarsi la sospensione feriale del termine.
Da ciò, considerata la data in cui era stato depositato il decreto di chiusura della procedura fallimentare corretto (30.3.2015), e quella in cui lo stesso era divenuto definitivo (28.6.2016), considerando il periodo di sospensione feriale, alla data in cui era stata l’istanza di mediazione era stata comunicata la decadenza non era maturata.
Conviene per ragioni di priorità logica esaminare anzitutto il secondo motivo di ricorso.
Il motivo è infondato.
Il D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 6, prevede che: “Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta…”.
Sulla base del chiaro tenore della disposizione su citata deve ritenersi che solo la comunicazione alle altre parti della domanda di mediazione, e non anche il mero deposito della stessa, impedisce il prodursi della decadenza.
Ciò premesso, ed avuto riguardo alla prospettazione dei ricorrenti in ordine al provvedimento di correzione di errore materiale del decreto di chiusura del fallimento quale dies a quo per il computo del termine semestrale di proponibilità della domanda – si osserva che secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’art. 288 c.p.c., comma 4, nel prevedere che le sentenze assoggettate al procedimento di correzione possono essere impugnate, per le parti corrette, nel termine ordinario, decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione, si riferisce alla sola ipotesi in cui l’errore corretto sia tale da determinare un qualche obbiettivo dubbio sull’effettivo contenuto della decisione e non già quando l’errore stesso, consistendo in una discordanza chiaramente percepibile tra il giudizio e la sua espressione, possa essere agevolmente eliminato in sede di interpretazione: in tale ultima ipotesi, un’eventuale correzione dell’errore non sarebbe idonea a riaprire i termini dell’impugnazione (ex multis, Cass. 22185/2014).
Nel caso di specie, il provvedimento di correzione di errore materiale concerneva il nome di uno dei falliti ed era dunque evidente e facilmente percepibile sia dai creditori che dagli odierni ricorrenti, sottoposti alla medesima procedura concorsuale.
Ciò comporta che il termine di 90 gg. stabilito per la definitività del decreto di chiusura del fallimento, va computato dalla data di deposito del decreto, vale a dire il 12/13 marzo 2015, essendo, come sopra evidenziato, irrilevante e del tutto percepibile l’errore materiale del provvedimento.
Il decreto era dunque divenuto definitivo il 10/11 giugno 2015 e, conseguentemente, pur considerando il periodo di sospensione feriale di 31 gg, la comunicazione della domanda di mediazione(19.1.2016) risultava effettuata quando era già maturata la decadenza in relazione alla domanda di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001.
Il rigetto di tale motivo e la conseguente tardività del ricorso L. n. 89 del 2001, ex art. 2, per essersi già verificata la decadenza al momento della comunicazione dell’istanza di mediazione, assorbe l’esame del primo motivo, relativo alla compatibilità tra mediazione e procedimento ex legge Pinto, quale procedimento che si instaura in via monitoria.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Poichè il presente ricorso ha ad oggetto materia esente del contributo unificato, non vi è luogo a provvedere in ordine al raddoppio del pagamento del medesimo D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti in solido alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida in 3.200,00 Euro, oltre a spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2019